Domenica 2 ottobre dal Vangelo secondo Luca 17,5-10

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». 

Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. 

Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 

Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. 

 Aver fede significa riconoscere la nostra impotenza e, nel contempo, porre tutta la nostra fiducia nella potenza del Signore. La fede è il rifiuto di contare su se stessi per contare unicamente su Dio. Ma se la fede è tutto questo, allora è anche chiaro che non è qualcosa che possiamo ricavare da noi stessi o costruire da soli: essa è, a sua volta, anche un dono. 

Dopo un insegnamento sulla necessità e la forza della fede segue la parabola dei “servi inutili”, che non vuole descriverci il comportamento di Dio verso l’ uomo, bensì indicarci come deve essere il comportamento dell’ uomo verso Dio: un comportamento di totale disponibilità, senza calcoli, senza pretese, senza contratti. Gesù vuole che i suoi discepoli affrontino coraggiosamente le esigenze del regno. Dopo una giornata piena di lavoro, dì semplicemente: ho fatto il mio dovere. Non si tratta di dire: sono un “servo inutile”. Il tuo lavoro è stato utile. Si tratta invece di dire: sono “semplicemente” un servo. 

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